da “Illustrated London News”, 23 dicembre 1933

Gli uomini d’oggi
pensano che quando la festa è arrivata sia già finita. Nel mondo commerciale
odierno le preparazioni per il Natale sono infinite mentre la festa dura il
tempo di un lampo. Il che contrasta nettamente con le usanze antiche, ai tempi
in cui la festa era sacra per la gente semplice, quando ci si preparava con
austerità all’Avvento e si digiunava alla vigilia. Poi però esplodeva una festa
continua e gioiosa che durava dodici giorni e che culminava in quella bizzarria
che Shakespeare definì "La dodicesima notte, o quel che volete". Come nei Saturnali, che terminavano in una baraonda
dove tutti facevano quello che volevano. Quei dodici giorni dal Natale
all’Epifania sono stati resi poeticamente con tanta bellezza da William
Shakespeare. Una poesia del tutto assente nelle pubblicazioni giornalistiche
dei nostri giorni sulla preparazione del Natale. Sarebbe vano nascondere i miei
gusti reazionari, che propendono per quelle antiche usanze. Suggerisco
addirittura che ognuno si goda il Natale quando arriva, invece di essere
bombardato dagli annunci che sta arrivando. Penso persino che sia meglio che il
monello si ammali per aver mangiato troppo pudding di Natale invece di
diventare un piccolo nichilista e pessimista a furia di vedere le foto della
torta natalizia nelle riviste o nei tabelloni pubblicitari mesi prima di poterlo
gustare. In ogni caso, solo mangiandolo si potrà dimostrare che quel dolce
natalizio è buono. Ed è un simbolo che andrebbe tenuto a mente e che troppa
gente oggi ha dimenticato: bisogna gustare le prelibatezze quando vengono
consumate…
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