venerdì 24 dicembre 2010

Natale 2010 - La strada


La bici delle avventure - dicembre 2010

Ma i bambini, cio' che li interessa non e' che fare la strada. Di andare e di venire e di saltare. Di usare la strada con le loro gambe.
Di non averne mai abbastanza. E di sentire le loro gambe crescere.
Loro bevono la via. Hanno sete del cammino. Non ne hanno mai abbastanza.
Sono piu' forti della via. Sono piu' forti della fatica.
Loro non ne hanno mai abbastanza (cosi' e' la speranza)
Loro corrono piu' veloci della via.
Non vanno, non corrono per arrivare. Arrivano per correre. Arrivano per andare. Non risparmiano i passi. L'idea non li sfiorerebbe nemmeno.
Di risparmiare qualcosa.

(Charles Péguy da "Le porche du mystère de la deuxieme vertu" - Non risparmia mai nulla -)

Non sono piu' un bambino, ho la mia mezza eta', ma ho trovato grande risonanza tra queste parole di Péguy e il mio desiderio di percorrere strade come tentativo di risposta a quell'ansia del cuore: Chi sei Tu, chi sono io? Pedalare tra Dora Riparia e Adda, tra la Consolata di Torino e il Santuario di Caravaggio. Qualche volta anche piu' in la'. Probabilmente la stessa ansia umana della beat generation: "Dobbiamo andare e non fermarci finche' non siamo arrivati". "Dove andiamo?" "Non lo so, ma dobbiamo andare". (J. Kerouac - On the road). La vita e' vertiginosa perche' e' in mano a un Altro.


Buon Natale a tutti da Costante, Annamaria, Valeria, Matteo e Yulia

domenica 7 novembre 2010

Tempi lontani



Ieri la Vale ci ha chiesto se le lasciavamo la casa, o meglio il letto, perche' avevano invitato a Biella alcune sue compagne di corso per una festa. Cosi' - anche per festeggiare il compleanno dell'Annamaria - abbiamo deciso di andare a dormire al Lago d'Orta. Per la notte la scelta e' caduta sul B&B "Tempi lontani" di Miasino. Siamo rimasti contentissimi. La camera accoglientissima, i gestori simpatici, e, per la prima volta dopo 56 anni (per me) e 45 (giusti) per l'Annmaria, abbiamo fatto colazione in camera! Una goduria. Vedete anche voi le particolarita' della casa.

lunedì 1 novembre 2010

Batista

Diversi anni fa, per uno speciale di Natale de "Il Biellese", Marco Berchi mi aveva chiesto di scrivere un racconto. Ne avevo scritto uno lungo che non so dov'e' (dovro' cercarlo). Poi ne ho tratto uno breve: e' questo. La foto l'ha fatta (sempre tanti anni fa) mio papa' a una famiglia della Valle Elvo: la donna e' sicuramente in vita, speriamo non mi chieda il copyright.



Quando ero piccolo io, noi bambini eravamo in quattro. Due maschi e due femmine.
Il padre si chiamava Batista era alto, forte, sembrava scolpito nel legno di faggio. Noi bambini facevamo sempre una gran cagnara specialmente d’estate quando affittavamo il grande alpeggio del Comune. Per arrivare all’alpe ci volevano tre ore a piedi dal paese, cosi’ padre, madre e zia scendevano una volta alla settimana per portare al negozio il burro e la toma e per comperare pane, sale, vino e tabacco.
Tutte le sere, una volta chiuse le vacche, prima di cena, la nonna ci riuniva tutti davanti al camino acceso che scaldava la minestra. Ci faceva dire il rosario. Per noi piccoli era un po’ noioso, ma capivamo che doveva essere il momento importante. Ogni estate aspettavamo la festa della Madonna della Neve a Machaby. Finalmente si partiva. Ci svegliavano alle tre del mattino. Giu’ verso il paese facendo a gara a chi faceva piu’ rumore battendo le scarpe chiodate sui grandi selci della mulattiera. Tutti insieme prendevamo la via di Arnad e, attraversando man mano i paesi, altre processioni si univano alla nostra. Dopo sei ore di cammino incominciavo veramente ad essere stanco, cosi’, invece di pregare, guardavo le ragazze da marito. Dopo la messa e la predica tutti andavamo nel grande spiazzo dei castagni secolari, a mangiare quello che si era portato, a bere il vino nuovo e a cantare. Chissa per quanti anni sarebbe andato avanti cosi’ se non fosse capitato quello che da un po’ di tempo era nell’aria. Un giorno e’ arrivata una lettera che la mamma ha subito portato dal Parroco. La guerra era scoppiata e il Batista doveva subito presentarsi a Torino. Prima che il padre partisse ho sentito per la prima volta il nome di Oropa. Un grande e importante Santuario che sta al di la’ delle montagne. Una volta partito Batista la vita cambio’ subito. I miei dodici anni erano pochi ma ero forte, cosi’, durante l’estate, aiutavo nei fieni e nell’inverno davo una mano ai pochi rimasti ad abbattere i grandi faggi e i larici sulle montagne e a portarli in paese. Nella casa fredda recitavamo il Rosario rispondendo alla nonna. Non passava giorno senza che arrivasse la notizia che qualcuno che si conosceva era morto in posti mai sentiti. Cosi’ decisi che sarei andato da quella Madonna tanto bella e potente. Il cammino per le montagne duro’ quasi tre giorni e, finalmente, dall’alto, vidi il Santuario. Avevo paura persino ad avvicinarmi, non mi sentivo degno. Mi fermai un giorno, mi confessai, feci la comunione e dissi tre corone inginocchiato davanti alla Madonna Nera. Poi ripresi la via della montagna. La vigilia di Natale del 1917, l’inverno quasi non era ancora cominciato, ma non si riusciva a trovare nemmeno una piccola fascina per accendere il camino. In quel giorno il padre entro’ dalla porta grande: era magro, forse un po’ piu’ pallido del solito. Una pallottola gli aveva attraversato la mano paralizzandogli tre dita, ma era vivo, forte, allegro come prima. Il giorno di Natale festeggiammo con polenta, fonduta e tre uova fritte, quasi al freddo, ma fu un giorno felicissimo perche’ la Madonna ci aveva voluto, di nuovo, tutti insieme.

venerdì 15 ottobre 2010

Culo e camicia

Su questo "Tempi" n° 39 del 6 ottobre 2010



il buon direttore Luigi Amicone ha voluto pubblicare questa mia lettera (cliccare per ingrandire)

lunedì 15 marzo 2010

Il papà di Eugenio

Su "Il Biellese" del 26 febbraio 2010 e' comparsa questa mia lettera. Cliccare sulla foto per ingrandire.