martedì 25 dicembre 2018

S. Natale 2018 - La drammaticità


Dal punto di vista teorico il Cristianesimo non è una roba difficile. Viene un bimbo piccolissimo, il figlio di Dio, quello che ha fatto tutte le cose, quelle visibili e quelle invisibili,  e ci invita a passare dall’autosufficienza alla dipendenza. Dalla affermazione di sé, alla dipendenza da un Altro. A superare la frattura tra le proprie misere angustie e aprirsi alla Realtà tutta intera: non continuare a misurare la propria stanza ma “spalancare la finestra”.


Santuario Madonna di Campra - Graglia (BI) 


La drammaticità è esistenziale. Se c’è un ferro che piega a destra e lo vogliamo raddrizzare, lo si surriscalda e lo si batte, fino a dargli la forma che vogliamo. Invece, se un giunco verde è stato piegato in un certo modo, ed è rimasto così per un anno o dieci, occorre fare una fatica tremenda per dargli un’altra forma. Noi “umani” siamo giunco e non metallo. I Santi e l’uomo distratto (o dimentico) vivono la stessa drammaticità esistenziale. Di aiuto c’è la Grazia e l’ascesi che si scoprono nella Chiesa: Mater et magistra.

mercoledì 12 dicembre 2018

G.K.Chesterton: «Così abbiamo tradito il Natale»

da “Illustrated London News”, 23 dicembre 1933


Gli uomini d’oggi pensano che quando la festa è arrivata sia già finita. Nel mondo commerciale odierno le preparazioni per il Natale sono infinite mentre la festa dura il tempo di un lampo. Il che contrasta nettamente con le usanze antiche, ai tempi in cui la festa era sacra per la gente semplice, quando ci si preparava con austerità all’Avvento e si digiunava alla vigilia. Poi però esplodeva una festa continua e gioiosa che durava dodici giorni e che culminava in quella bizzarria che Shakespeare definì "La dodicesima notte, o quel che volete". Come nei Saturnali, che terminavano in una baraonda dove tutti facevano quello che volevano. Quei dodici giorni dal Natale all’Epifania sono stati resi poeticamente con tanta bellezza da William Shakespeare. Una poesia del tutto assente nelle pubblicazioni giornalistiche dei nostri giorni sulla preparazione del Natale. Sarebbe vano nascondere i miei gusti reazionari, che propendono per quelle antiche usanze. Suggerisco addirittura che ognuno si goda il Natale quando arriva, invece di essere bombardato dagli annunci che sta arrivando. Penso persino che sia meglio che il monello si ammali per aver mangiato troppo pudding di Natale invece di diventare un piccolo nichilista e pessimista a furia di vedere le foto della torta natalizia nelle riviste o nei tabelloni pubblicitari mesi prima di poterlo gustare. In ogni caso, solo mangiandolo si potrà dimostrare che quel dolce natalizio è buono. Ed è un simbolo che andrebbe tenuto a mente e che troppa gente oggi ha dimenticato: bisogna gustare le prelibatezze quando vengono consumate…

domenica 2 dicembre 2018

Paradoxa

In un certo senso il cristianesimo suscita, piuttosto che risolvere, il problema della sofferenza, perché essa non sarebbe un problema se, insieme alla nostra esperienza giornaliera di questo mondo di sofferenza, non avessimo acquistato quella che crediamo una ragionevole fiducia che la realtà, in ultima analisi sia giusta e buona.

 C.S. Lewis, Il problema della sofferenza


Rimella Val Sesia (VC) Santuario Madonna del Rumore - tra il torrente
Enderwasser e Landwasser (di qui il nome)
La vita come novità, si sperimenta molto più nell’accadimento di qualcosa che si attende che non nella differenza come tale di un presente da un passato. Essa risiede anche culturalmente nella scoperta di una corrispondenza, che è possibile solo se vi è un “prima” di speranza, di desiderio, di attesa, di esigenza. Allora la novità è adempimento di quella speranza, soddisfazione di quel desiderio, risposta a quella attesa. Essa, per il cristiano, non è nel cambiamento come tale, ma nel mutamento che interviene applicando quel principio unitario di inclusività per cui l’intera creazione “è mistero”.

L. Giussani, Perché la Chiesa

martedì 20 novembre 2018

Un rubinetto con 3 "e"

Il nostro rubinetto di cucina, dopo quasi 32 anni di indefesso servizio, dava segni di stanchezza: negli ultimi tempi ci volevano 5 minuti per riempire il bollitore del the...

Dopo qualche tempo di osservazione, la moglie ha deliberato che avrei dovuto - entro sera - procurare un nuovo rubinetto (!) Abbiamo un fornitore di fiducia vicino casa. Era lunedì ed era chiuso. Lei però è stata categorica "se é chiuso, vai alla S..., di Gaglianico (BI)!! ". Non so come faccia a sapere di ogni magazzino nel raggio di 15 km...

Mi presento al negozio e cerco di spiegarmi. Non un rubinetto banale, ma adatto a un lavabo con 2 vasche, sterzate di 90 gradi, con esteso parcheggio di stoviglie tra le vasche... monoforo... Capperi, perchè non ho portato una fotografia che mi avrebbe facilitato la descrizione... Ma il commesso, abituato alle fantasiose descrizioni dei clienti imbranati, è tornato con una scatola di dimensioni modeste ma molto pesante...



L'impressione è stata che il "gambo" non fosse abbastanza lungo per versare a destra e a sinistra. L'esperto ha sentenziato che non avrei dovuto preoccuparmi perché, montato, avrebbe avuto un altro aspetto... di farlo vedere all'idraulico e, assolutamente, non sballarlo se avessi dovuto restituirlo. Era “di marca”. Altro, del genere, non c'era.

Molto più preoccupato della reazione della moglie che della potenziale restituzione, pago a prezzo pieno (105 €, come facevo ad avanzare pretese a una ditta sconosciuta?) quel sinuoso pezzo d'acciaio e torno a casa compiaciuto di aver eseguito l'ordine. Lo consegno a madame e, per qualche giorno, mi dimentico della vicenda. Se avevo bisogno di acqua fredda, andavo a prenderla in lavanderia: scendeva come nell'abbeveratoio di Magneaz (AO), posto ai piedi del Monte Rosa dove passavo le vacanze da giovane.

Noi familiari entriamo in casa dalla cucina. Un sera, sulla soglia, mi imbatto in una cosa mostruosa e cromata! Subito ho pensato che qualcuno avesse montato uno scarico di Harley Davidson al posto del mio ultimo acquisto. Inorridito corro dalla moglie a domandare pietà. Non mi pareva molto arrabbiata, piuttosto rassegnata... Era la roba che avevo comprato io? SI! Era alto almeno 60 cm... Nessuno mi aveva detto che avrebbe raggiunto tali dimensioni... Anche a lei pareva un tantino fuori misura...

Nei giorni successivi ero inquieto. C'era qualcosa che mi riportava a una antica vicenda ma non riuscivo a farmi venire in mente. Poi il baleno: dlinnasceieie! Una delle poche parole al mondo che si scrivono con “3 E”. La nostra Yulia (ospite bielorussa di tanti anni, entrata praticamente a far parte della nostra famiglia, ora sposata con 2 figli), ci aveva messo del tempo per spiegarmi, spero di non sbagliare: ДЛИННOШЕЕЕ, così nell'alfabeto russo. Vuol dire "lungo collo..." 

Il nuovo mostro è lì da qualche settimana, anche lui – come la Yulia – è entrato a far parte della famiglia, ci è anche simpatico, dopo i primi giorni di perplessità. Funziona sin troppo, ha la portata del medio corso del Mississipi. Se lo dimentichiamo aperto un'ora il gestore dell'acquedotto dovrà far venire i camion con il serbatoio... come nelle estati siciliane...




mercoledì 31 ottobre 2018

Il Mistero e il ghiacciaio

Siamo a Pollone (BI) nel settembre del 2004. Corre una notizia che si aspettava da tanto tempo: “Hanno trovato il Fabrizio! Era là, da 15 anni!”. Restiamo increduli, commossi, stupiti, arrabbiati, a seconda del temperamento. I genitori erano anni che battevano il Tirolo del nord, l'Austria, la Germania meridionale per trovare una traccia che potesse riportare Fabrizio a casa.

Aveva 33 anni nel 1989. Tempo prima aveva avuto un gravissimo incidente in moto, era stato in coma, poi si era risvegliato quasi senza memoria. L'ha recuperata un po' per volta, con qualche buco... Gli avevano aggiustato la gamba usando una di quelle viti speciali per le ossa. Aveva perso il senso del gusto, ma non si lasciava certo deprimere: “se dici che è buono, ne mangio un altro pezzo...”. 

Pollone (BI) Camposanto vecchio

La specialità, il vanto, l'eredità della famiglia era uno: lo sci. Suo padre – Gino, classe 1924, guerra partigiana alle spalle – forse ci va ancora oggi a sciare. Fabrizio e il fratello entrambi “maestri”. Ma la sola stagione invernale non bastava, la passione era così forte che, in estate e in autunno, si cercavano i migliori posti - nei ghiacciai - per correre. Fabrizio aveva una squadra di piccoli che allenava nella speranza di vederne qualcuno sul podio delle gare regionali o, chissa, in Nazionale a correre, magari... in tutto il Mondo!

Così, da solo, nel settembre dell'89 prende il camper, la videocamera e parte per un posto che nessuno di noi conosceva: il ghiacciaio dello Stubai, più o meno a metà strada tra il Brennero e Innsbruck. Dopo qualche giorno di lui nessuna notizia, il camper è ancora nel parcheggio della funivia... Molti amici allarmati, capitanati dal Gino, partono per il Tirolo. Nel frattempo il Soccorso alpino locale aveva già iniziato le ricerche. I biellesi, tutti alpinisti esperti, si sommano ai tirolesi e battono il ghiacciaio – per la verità non molto grande – metro quadro a metro quadro. La cosa era diventata ricorrente: circa un mese prima avevano fatto lo stesso per un canadese.

Niente. Lì non c'era. Nemmeno il canadese. Se ci fossero stati dubbi non sarebbero tornati. Ma erano sicurissimi. Me lo confermerà il Gino una volta che stavo curando piante in un posto sperdutissimo. Lui è arrivato con il cane e con il fucile. Mi ha detto: “non per cacciare, non sono concentrato, per fare qualcosa e non pensare sempre a lui... Però nel ghiacciaio non c'è, se no l'avremmo trovato.”

Nei primi anni il Gino non si è mai arreso. Si precipitava qua e là alla minima segnalazione. E' andato persino alle trasmissioni televisive. Quelle che fanno per le persone disperse, per capire se salta fuori qualcuno con notizie. Correvano anche voci inquietanti: in quella zona sparisce molta gente, c'e' la tratta degli organi... Usano delle belle ragazze, ti addormentano e via...


Poi, anche per tipi duri come il Gino, passa il tempo, le segnalazioni non portano mai a niente, le speranze diminuiscono, occorre farsene una ragione. Chiunque avrebbe chiuso prima.

Un sabato, era il 18 settembre 2004, una turista vede, vicino alla stazione superiore della funivia dello Stubai, uno scarpone appena fuori dalla neve, dà l'allarme e, per via della vite nell'osso, non ci sono dubbi: è lui, il Fabrizio! Il Mistero, con l'aiuto del ghiacciaio, se l'era tenuto per Sè, per 15 anni... Chissa come mai...

Oggi, 31 ottobre 2018, sono andato alla sepoltura di una signora anziana del mio paese che ha avuto una dolorosa vicenda familiare. Ancora pochi giorni fa è stata al Camposanto, si è avvicinata alla tomba di famiglia e ha sussurrato: “Presto, Fabrizio, ci vedremo. Finalmente.”




venerdì 5 ottobre 2018

Rima, Walser dorf

Bar/Ristorante Alpino, 2 sale molto eleganti, arredate (direi) nel diciannovesimo secolo, una “dei marmi” e l’altra “en bois”. Chiedo una miaccia (un’altra volta spiego cos’è), me ne propongono una “cotto e toma”: accetto famelico.





Finito lo spuntino, servito da una bella barista, vedo che la chiesa è aperta così faccio una visita. All’ingresso c’e’ una di quelle (utili e mai cotte dal sole) targhe turistiche, edite dalla Provincia di Vercelli, che racconta un po’ di storia. Resto colpito dal fatto che la parrocchiale è anche difesa dalla valanga che di tanto in tanto si  stacca dal bosco. Le due valanghe più potenti sono venute attorno alla metà del 1800: a testimonianza del volume di neve ci sono 2 tacche, ad altezze impressionanti, sul campanile.  Dimentico sacca, portafoglio e roba utile su una panchina e vado a fotografare il campanile con le tacche un po’ sbiadite.

Va be’, diranno i miei sette lettori, dove sei e che ci fai lì, oltre a sbirciare la cameriera e le tacche da valanghe?

Vi racconto.

Questa primavera... leggi tutto

lunedì 1 ottobre 2018

Ciclo pellegrinaggio Torino-Milano-Caravaggio

Dell'intero tragitto unisco una Google map. Si veda qui.

Per grazia di Dio sono uomo e cristiano, per azioni grande peccatore, per vocazione pellegrino della specie piu' misera, errante di luogo in luogo. I miei beni terrestri sono una bisaccia sul dorso con un po' di pan secco e, nella tasca interna del camiciotto, la Sacra Bibbia. Null'altro. (Anonimo - Racconti di un pellegrino russo. Rusconi Editore Milano 1980, pagina 25)

Per pedalare ho bisogno di raggiungere un centro affettivo, allora vado a "farmi vedere" dalla Madonna. Cosi' ho iniziato a visitare i Santuari, prima quelli principali, poi, via, via, gli altri. Ho scoperto cose importanti, ho conosciuto meglio la millenaria storia cristiana della nostra tradizione. Ho esplorato il territorio delle mie parti: dalla Dora Riparia all'Adda e oltre. Pian piano ho incominciato a unire "spezzoni" di gita, sino a quando ho scoperto che poteva saltar fuori qualcosa di organico e utile anche ad altri. Il primo ciclo pellegrinaggio che oso presentare inizia da Torino: la Chiesa di Santa Zita dove sono custodite le spoglie del Beato Francesco Faa' di Bruno (matematico, soldato e grande santo sociale del XIX secolo)

Torino - Nostra Signora del Suffragio o Santa Zita

e termina al Santuario di Caravaggio (BG). Nel mezzo ci sono circa 250 km... leggi tutto


martedì 25 settembre 2018

Bestie grame, moru mai (die hard)


Direi che sono trionfalmente in via di guarigione dalle (15-18) punture di api.
Ringrazio tutti coloro che sono stati attenti al mio stato di salute e mi hanno fornito consigli. Non ne ho seguito neppure uno. La ragione sta in questo. Come dice la saggezza popolare e, in particolare, il mio vecchio parroco (ora ha preso stabile dimora presso il Padre) "bestie grame moru mai".

Quindi non era il caso di preoccuparsi e di assumere preparati della farmacopea tradizionale e/o omeopatica, quasi (dico quasi) sempre dannosi a molti organi, acquistabili solo in farmacia (magari con ricetta medica), che occorre pagare (azione da me - e dalla mia stirpe - considerata indegna), eccetera.




Mi sono ricordato che un amico "raccoglitore" (una bella professione...) mi aveva regalato una boccetta di "oleito di iperico della Valle Elvo PAT” (Prodotto Tradizionale Artigianale) e mi aveva detto che “va ben par tut, dinta e fora". Avevo avuto vergogna di chiedere approfondimenti e avevo considerato che il soggetto fosse "la bocca". Così ho passato la giornata di ieri a ungermi, tutti i punti maggiormente colpiti, come una fiorentina prima della griglia.

Il raccoglitore aveva ragione! E anche il mio vecchio parroco! Sono ancora tra di voi. E, se dipendesse da me, ci starei ancora 30 anni. Ma non vorrei esagerare...

PS Chi volesse provare la magica pozione me lo faccia sapere, lo metterò in comunicazione con l'artigianale produttore.

martedì 18 settembre 2018

Ci vuole del pedale...

Ieri abbiamo finito il fieno. Una tribulata. Visto che il meteo era strafavorevole e poi bisogna sempre inventarne una per non stare fermo: sono partito! 

Volevo fare un pellegrinaggio di inizio pensione al Santuario di Re (VAL Vigezzo - VCO). Però arrivarci in bici da Domodossola è un problema: traffico pesante e gallerie... Cosí ne ho studiata una, anzi due. Partendo da Vogogna, ho scalato la salita di Trontano (non è il Gran S Bernardo ma ci vuole del pedale...). Avevo in mente di prendere - per un paio di stazioni, bici al seguito - il famoso panoramico trenino delle Ferrovie Vigezzine che va a Locarno (CH). Ho chiesto lumi a un locale non pirla. È saltato fuori che i veri duri (quelli che iniziano a giocare quando gli altri smettono) snobbano il treno e ciappano la mulattiera. Attenzione però: fondo di sfasciumi, discese a muro e salite del 90%... durata del tragitto 2 ore... Solitudine totale...  al massimo qualche cinghiale... Ho accettato la sfida. In effetti la roba corrispondeva alla descrizione, anche se credo di averla archiviata in meno di un'ora e mezza... 






Contavo però, una volta ritrovata la strada asfaltata della Vigezzo, di essere nel piano.. Invece ancora 5 km di salita, ruvidissima, prima di Druogno... Una tribulata, come i giorni del fieno... Sudore negli occhi... A Druogno inizia la famosa "Vigezzo in bici" una ciclabile di prima categoria, in mezzo ad abeti, faggi e pini silvestri, tutt'altro che piana ma piacevolmente ondulata all'inizio e decisamente su e giù prima di arrivare a Re. C'è anche un ponte sospeso che - come tutti quelli del genere - ondeggia in modo impressionante quando si passa... Alla fine è spuntata la cupolona del Santuario... per fortuna... 

Dormo qui. Domani vedremo...

martedì 17 luglio 2018

Ero scema...

Facendo lavori di campagna mi è venuta in mente una cruda e commovente pagina di letteratura. La ripropongo: non è troppo lunga. E’ tratta da “Vita e destino” di Vassilij Semenovic Grossman (Jaka Book, Milano, 2005, pagina 795). E’ appena finita la grande Battaglia di Stalingrado. I sovietici hanno vinto e fatto molti prigionieri. Evidentemente i tedeschi sono molto odiati e vengono usati per lavori forzati…  leggi qui


Villaggio di Sienojatki - Bielorussia

martedì 3 luglio 2018

L'asu 'd Cusila


Da quando sono in pensione (60 giorni circa), la messa feriale più comoda è celebrata nella chiesa a circa 3 km da casa. Il Parroco si chiama don Vittorino. Non è giovane, di origine veneta, deve essere nato qui. Parla benissimo il patois locale. Anche don Pino e la sua famiglia (diversi lettori di questo blog conoscono) appartengono a questa parrocchia.

Opera un chirichetto – potrebbe avere tra 75 e 80 anni – che avanza aiutandosi con un bastone, di fattura tecnica, con un cinturino attaccato al polso che non toglie mai anche quando porge le ampolline. Le finestre della cappellina dove si fa la messa feriale, sono aperte e si vede un valloncello verdissimo. Fedeli ce ne sono 3 o 4 per celebrazione.  



Oggi, San Tommaso Apostolo. Vittorino mi invita a leggere la lettura dal libro del Profeta Amos. Tutto bene. Come attacco il ritornello del Salmo responsoriale, un asino – che sembrava sotto le nostre finestre – inizia a ragliare... Don Vittorino, dal suo scranno, esce con voce  maestosa: l'è l'asu 'd Cusila (la frazione al di là del valloncello) lesc torna, chi uma nen capì...[1] Ho fatto fatica a controllarmi e non ridere davanti a tutti.

Mi è venuta in mente la Madonna che parlava in dialetto a Bernadette, e nella lingua atzeca a Juan Diego prima di trasformare il suo mantello nell'icona di Guadalupe...

Stai tranquillo, caro don Vittorino, il giorno del Giudizio, se sarai agitato e ti confonderai con l'italiano (capiterà anche a me), usa la nostra lingua. Lui capirà e ti condurrà nel suo Paradiso attraverso un inimmaginabile viale dove raglierà – a mo' di benvenuto - l'asu 'd Cusila cavalcato da uno vestito all'orientale... è il profeta Amos, uno che ti è sempre piaciuto perchè è vissuto in un periodo di boom economico... come noi.




[1]    E' l'asino di Cossila, leggi di nuovo il ritornello che non abbiamo capito...

mercoledì 11 aprile 2018

Bene scripsisti de me, Thoma

Nella chiesa di San Domenico Maggiore a Napoli, si trova il crocefisso che ha parlato a S. Tomaso d'Aquino (mi piacerebbe andarci un giorno).



Bene scripsisti de me, Thoma; quam ergo mercedem recipies? Il santo rispose: Non aliam nisi te, Domine (Tommaso, tu hai scritto bene di me, che ricompensa vuoi? Niente altro che te, Signore).





Quando ho letto questa frase, subito, mi è venuto un pensiero: potrebbe, l’Eterno Padre, dire lo stesso di me?



Fatte le debite proporzioni tra chi ha scritto la Summa Theologiae, la Summa contra Gentiles e decine di altre opere (che mi sono ben guardato dal leggere: un paio di romanzi storici sono tutto quel che so...), e io che scrivo questo blog e altre cosucce, dopo averci pensato e ripensato, se mi trovassi al Suo cospetto (e prima o poi il giorno verrà...) direi di essere sereno: sarà beata ignoranza?

venerdì 23 marzo 2018

Il Destino senza buonsenso

Morto nella notte lo sciatore ossolano travolto dalla valanga al Moncucco
Luciano Falcini, 67 anni, era ricoverato in terapia intensiva al Maggiore di Novara
 
Ciao Luciano, ci conosciamo da un sacco di anni: 30/35? Mi hai insegnato un bel po' di cose. Qualche anno più di me, due lauree... intelligente... curioso come una faina... vuoi mettere? Dopo la notizia della valanga ho guardato in rete, c'erano un mucchio di articoli. Li ho letti quasi tutti, poi mi è venuto in mente una roba.

C'è un piano “orizzontale”dove 2 + 2 fa sempre 4 e la velocità è lo spazio diviso il tempo. Un piano dove “vale” la matematica, la fisica e la chimica, sia sulla Terra che nel sistema solare più lontano (me l'ha detto un amico che insegna all'Università...). Un piano dove conta la scienza e la possiamo interrogare con i suoi metodi. Se dobbiamo indagare quanto crescono i pini strobi sulla Serra di Ivrea (ti ricordi le discussioni...) si chiede a chi è più pratico di noi nella ricerca, si mette in piedi un protocollo, un paio di tesisti e... possiamo dire la nostra...

Poi c'è il piano verticale. Esci di casa, giri un cantone e inciampi in una donna mai vista che diventerà tua moglie... Nasce un figlio e capisci di amarlo solo perchè esiste, anche senza il risultato di qualche test biochimico. Nonostante il lavoro e tutto che funziona, c'e' una domanda di “senso” che non ti lascia tranquillo e che ti fa entrare in chiesa, anche se non è domenica. Vai a sciare in un posto appena fuori di casa, in un pomeriggio di inizio primavera, e il Destino - che sembra non conoscere la fisica e la chimica e il buonsenso - ti incontra e ti porta con Sé.

Oramai è qualche giorno che sei lì. Se il Padre nostro è l'Eterno lavoratore, ti avranno già dato un incarico, no? Chissà come sono i boschi dell'Altissimo? Le piante le misurate con il calibro o, quando le guardi, altezza e diametro si materializzano a lato dell'occhio? E poi... sai già quanto crescono gli strobi, in Paradiso?

sabato 3 marzo 2018

Le lasagne di Gesù

Una nostra amica abita a Tokyo da 2 anni e mezzo. E' andata per seguire il  marito che lavora in estremo oriente. Ha 3 bambini, si è “impastata” nella vita della gente che ha conosciuto. Settimana scorsa – in tre messaggi WA – ci ha raccontato questo. Ho ritoccato solo la punteggiatura.

Volevo raccontarvi della visita in ospedale della mia amica giapponese,
Michiyo. E’ stata una cosa eccezionale. Sono entrata ed era seduta sul
letto che mi aspettava. Mi ha preso la mano ed ha iniziato a piangere ed
io con lei. Siamo state in silenzio per un bel po’ solo guardandoci. I suoi occhi, una fessura sottile sottile nel viso gonfio di medicinali, mi guardavano. E’ stato un silenzio pieno di parole! Poi abbiamo iniziato a parlare. Di come sta, di cosa le fanno, dell’ospedale, della sua casa, del suo viaggio a Parigi, di Tokyo, dei bambini, del tempo che lì dentro non passa mai e non sa come farlo passare… Lei non crede in niente, crede solo che tutta la vita stia finendo in quella stanza al dodicesimo piano di un centro tumori.


Quello scambio iniziale di sguardi e quel pianto mi sarebbero bastati. Ma mi sono fermata un’ora e siamo state anche tanto in silenzio sedute sul divanetto guardando fuori, la città con i suoi grattacieli sul cielo azzurro. Tornerò a trovarla la settima prossima. Tra l’altro mi ha chiesto se le portavo del cibo, perché in ospedale è cattivo. Così le chiesto cosa desiderava avere. E mi ha detto del cibo italiano, tipo lasagne. Così gliele ho preparate io, facendo la pasta in casa. Le ho fatte il meglio che potevo, come se cucinassi per Gesù…

Non vi viene da piangere? Questo è il cristianesimo. Qualcosa che viene prima della Gerarchia, della Dottrina sociale, della Teologia e della Morale, del partito dei cristiani e della dispersione dei politici cattolici. Quello che - in 200 anni - ha conquistato il mondo antico e in 2000 ha dato origine a una amicizia di una giapponese, che non crede a niente e piange, e della nostra Elena che piange con lei e le prepara le lasagne (con la pasta fatta in casa...) come fossero per Gesù.