domenica 29 novembre 2015

Cesare, il piemontese


Qualcuno ci ha mai promesso qualcosa? E allora perche' attendiamo? 
Cesare Pavese - Il mestiere di vivere

Sono del '54

Io sono del ’54. Quando avevo 7/8 anni, mio padre prese una decisione storica, compero’ una roulotte Roller da 4 posti. La mamma, casalinga e non avventurosa, era quasi disperata. Avevamo una Renault Dophine 850: foto non ne trovo, mi spiace, era uno spettacolo. L’avventuriero sentenzio’: “questa estate andiamo in Yugoslavia, a trovare il Gianni”. Questo Gianni era un suo amico un po’ strano: cacciatore e pescatore, metteva sempre braghe alla zuava, aveva sposato una francese e non amava la gente. Con l’auto e la tenda alternava un anno in Scozia, e uno sulla costa Dalmata, sempre lontano dalla folla, spesso, in isole quasi deserte.

Doveva essere “una” l’estate yugoslava, sono diventate “tre”: “Prima del mare andiamo a Plitvice!”.  Oggi Plitvice e’ un Parco Nazionale della Croazia: 16 laghetti magnifici che si uniscono con cascate, immersi in una foresta di faggi. A quei tempi la Yugoslavia era una, quindi, ottenuto il visto, roba non immediata, si poteva andare dove si voleva, o, si poteva, perche’ le strade erano un disastro, i campeggi non c’erano, si doveva fare la coda per comperare il pane e la mamma aveva paura a dormire in qualche spiazzo. Noi no.



Mio fratello, io e i genitori partivamo la mattina presto da Biella,  la sera si arrivava a Trieste (davvero…), si cercava un parcheggio vicino una pompa di benzina e si dormiva lì. Il giorno dopo si passava la frontiera, sempre con un po’ di ansia, i poliziotti yugoslavi scrutavano dentro l’auto con facce quasi cattive…

Nel giro di un km, cambiava tutto. La prima volta ci ha fatto visitare un camposanto per farci toccare con mano che nemmeno l’alfabeto era come il nostro. Il vecchio era geniale! Strade sterrate, salite, polvere. Guidava sempre lui, la mamma aveva la patente ma niente l’avrebbe convinta a mettersi su quelle piste. Nonostante il caldo i finestrini erano sempre chiusi ma ci permetteva di aprire il “deflettore”: lui lo chiamava cosi’, sulle macchine moderne non mi risulta ce ne siamo, era un pezzo di vetro triangolare che si apriva a compasso.

Il tardo pomeriggio arrivavamo a Plitvice. Lì il campeggio c’era, forse il piu’ attrezzato della Yugoslavia. Correndo ci scarnificavamo le dita dei piedi sbattendo contro i picchetti delle tende.  Tutti i giorni facevano una capra intera allo spiedo che poi vendevano a tranci ai campeggiatori. Tutti tedeschi, almeno mi ricordo cosi’. Poi c’era il Gianni, la moglie savoiarda e 2 figlie femmine che parlavano sia l’italiano che il francese e questa roba mi dava un po’ sui nervi perche’ non capivo tutto. Mio fratello se ne infischiava del bilinguismo delle nostre amiche.


Nel campeggio c’era un molo di legno che entrava nel lago. Una sera un tedeschino mi chiama, mi fa guardare l’acqua come se avesse visto un alligatore, mi abbasso e il bastardello mi butta dentro… Sapevo nuotare...