Prendo da Tempi.it e faccio mio, questo giudizio che, mi pare, il piu' pertinente tra quelli visti sino a ora sulla questione Charlie Hebdo e sue conseguenze.
Non
mi faccio illusioni sugli effetti che avrà questa mia protesta ma desidero
comunque avanzarla, sapendo che un buon numero di gesuiti della mia comunità prova le
stessa cose anche se non può o non osa esprimersi». Comincia così la lettera di
protesta che padre Jean-François Thomas, gesuita francese, ha inviato
all’autorità competente della Compagnia per protestare contro la rivista dei
gesuiti Études.
«SCHIODATEMI». Questa infatti, per dimostrarsi vicina alle vittime
dell’attentato contro la redazione di Charlie Hebdo, ha deciso di
«ripubblicare qualche caricatura [del settimanale satirico] che riguarda il
cattolicesimo» per esprimere «solidarietà ai nostri fratelli assassinati e
alle altre vittime». Una delle quattro vignette ripubblicate mostra
Gesù che chiede di essere «schiodato» per partecipare al conclave, in un’altra
appare Benedetto XVI in versione gay che esclama «finalmente libero» dopo aver
rinunciato al soglio papale. La rivista dei gesuiti francesi però non ha avuto
il coraggio di pubblicare quella più celebre, con le tre persone
della Trinità intente a sodomizzarsi a vicenda.
«LIBERTÀ
DI BLASFEMIA?». «Noi
non condividiamo, spero, nessuno dei “valori” ordinari di questo settimanale»,
scrive padre Thomas, secondo il quale «l’orrore dell’attentato non può»
far dimenticare che «la libertà di espressione non è la libertà di offendere
giorno dopo giorno i credenti e di commettere blasfemia contro Dio
stesso». Il gesuita precisa che «non c’è alcun bisogno di una legge contro la
blasfemia», basterebbero «buon senso, buon gusto e rispetto». E se «l’umorismo,
anche sgradevole, può far ridere», la volgarità «eretta ad assoluto
fa piangere e non fa che attirare ancora più odio».
LA COMPAGNIA NON
È CHARLIE HEBDO. L’ultimo
numero di Charlie Hebdo ne diceva di tutti i colori su Dio, Maria e la nascita di Gesù. Si
può discutere sul diritto del settimanale di pubblicare blasfemie, «ma che
una rivista della Compagnia lo faccia è scandaloso. La peggiore è quella su
Benedetto XVI perché è quasi diffamatoria. Quanto alla violazione del
dramma della Crocifissione, è spregevole. Non credevo che certi gesuiti
potessero ridere di un soggetto del genere. Io personalmente piango ogni giorno
a causa del mio peccato e di tutte le sofferenze vissute sulla carne da tanti
cristiani perseguitati, molto meno difesi dalla redazione di Études».