martedì 15 luglio 2014

La Divina Bellezza e l’asu ‘d Cavour, ovvero “Francigena 3”

      In un piemontese che non era il suo, mia nonna – classe 1900 -, quando la provocavo, sibilava: i asu ‘d Cavour… i asu ‘d Cavour (gli asini di Cavour), e lasciava in sospeso. Ero piccolo ma capivo cosa voleva dire.

Lunedi’ scorso  telefona la nostra amica C e scompagina i programmi: “…stasera evento! Via skype ci sara’ una lezione della Mariella Carlotti sulla Maesta’ di Duccio di Buoninsegna!” Chissa’ che roba e’… Non sono di sicuro un gran esperto, ma il titolo mi intrigava, quindi ho aderito subito. 

La lezione e’ stata una scoperta travolgente: gli iconoclasti, Cimabue, Giotto, Siena contro Firenze, il ‘300, la Civitas Virginis, la forma della Piazza e della Torre… Alla fine ero diverso da prima, non so, piu’ amico della realta’, piu’ consapevole della grande storia e delle opere prodotte dal popolo cristiano…

La lezione era stata comunicativa ed esperta, fatta alla buona da questa nostra amica, intanto che cucinava per i suoi ospiti, per farci un favore, in totale familiarita’. Ci raccontava cose stupende ma… come piffero e’ fatta sta “Maestà”…? Per fortuna c’e’ internet: come si faceva prima? 



Guardo e riguardo le immortali immagini e alla fine prendo una capitale decisione: 2 giorni di ferie piu’ sabato e domenica, la bici lungo la Francigena e vado a vedere il Duccio… dal vivo! Innamorato a prima vista del Buoninsegna e dal popolo che l’aveva cresciuto, per la terza volta sulla Francigena, ero veramente orgoglioso di me e volevo dirlo a tutti… I asu ‘d Cavour, sai laudu nen i autri, as laudu da lur (se non li lodano gli altri lo fanno da soli)

Martedì e mercoledì a lavorare come matto per portarmi in pari, l’ultimo giorno fino a mezzanotte. Giovedi’ mattina non avevo preparato nulla. Giu’ dalla branda alle 5,15. Cambi di vestiti (uno per pedalare, uno civile), un sacchetto della farmacia come beauty case, le sacche della bici ben compaginate, un’occhiata al sito trenitalia tanto per capire che il viaggio “ciclo al seguito” mi avrebbe fatto consumare troppo tempo, quindi auto… sino a Lucca. Qualche minuto prima di mezzogiorno ero li’. Perfetto. Salvo una cosa: il tempo…

Luglio dimmerda questo del 2014. Mi lascia attraversare la citta’, da porta a porta, poi devo infilarmi in un bar e mettere al coperto la bici: nubifragio n° 1. Tira e molla tutto il pomeriggio: parto quando spiove, riprende, cerco riparo, eccetera. Cosi’ 3 o 4 volte.

Ma la strada e’ ben segnata, il fondo d’asfalto, poco traffico e intanto era tornato il sole. Così non fatico ad arrivare a S. Miniato (basso): 53 km e un albergo per la notte con un buon ristorante nei pressi. Attacco bottone con i locali, tanto da capire che il giorno dopo la musica cambiera’, anche solo per arrivare in centro: 3,5 km di salita e non per cosi’ dire…

Venerdi’ mattina. Sole. Morale alle stelle. Si fa la salita e si pregusta la discesa che… non c’e’. Per la verita’ c’e’ ma e’ ripidissima e breve e termina con una nuova dura salita. Ad un certo punto una brusca deviazione sulla destra e una strada bianca cavalca le colline. Si vede che corre là, lontano. “L’he perfetta, l’he tutta ‘nghiaiata”, mi dice un agricoltore, cosi’ mi inerpico. In effetti le prime centinaia di metri erano domestiche (si veda la foto), ma dopo...



Nel seno della Val d’Elsa, attorno non un’anima, paesaggi mozzafiato, prati di medica, boschi, oliveti, vigneti, comparivano anche i cipressi, insomma… Toscana, Toscana vera! Come la ribollita, i cantuccini e la Venere nuda degli Uffizi. Discese ardite, dove faticavo a non ribaltarmi in avanti e risalite spericolate a spingere a piedi la Caprice (Bressan - Biciclette Speciali, non mao mao, micio micio) con sacche piene. Mi credete se dico che quel giorno sono sceso e risalito di sella 150 volte?

Collassatissimo arrivo al salitone che porta a Gambassi Terme. Saranno state le 13.30. Non mollo e mi presento in osteria a reclamare un piatto di affettati e altre goloserie fredde, ben deciso – nel pomeriggio – a non staccarmi dalla strada asfaltata e coprire, con il minimo dei danni, i 15 km che mi tenevano lontano da S. Gimignano. 

La bella ostessa pero’ mi provoca dicendo che la strada bianca e’ piu’ corta, infinitamente piu’ romantica, sicuramente piu’ adatta a un vero pellegrino… Non avendo mai saputo dire di no alle fanciulle, mi faccio ricatturare dall’umida e boscosa Elsa che mi prosciuga le residue forze. Getto la spugna a 5 km da S. Gimignano dove trovo un hotel… di qualita’.



Mi riposo prima e dopo cena, guardo svariate volte il meteo perche’ non voglio credere che il pomeriggio di sabato ci saranno nuovi nubifragi. Eppure e’ cosi’.  Dormo come un angelo. Sabato mattina un gran sole copre l’insidia del pomeriggio. Riparto di nuovo su e giu’ per colline. Arrivo fresco a S. Gimignano ma so due cose: mia moglie non gradirebbe vedermi arrivare domenica sera e non voglio ciapare un secondo nubifragio. Cosi’ piglio una decisione poco sportiva ma utile alla mia salute: vado a Siena… in pullman…

Ero partito per pedalare e ammirare la Divina Bellezza. La prima cosa era fatta, le gambe un poco doloranti lo testimoniavano, la seconda restava da fare. Sempre spingendo la bicicletta – stavolta non per la durezza del percorso ma per l’abbondanza di distratti turisti – lego con due lucchetti la bici a una robusta catena tesa tra 2 artistici paracarri in Piazza Duomo e mi procuro il biglietto:  € 7, ben spesi. 

Trattenendo il fiato entro nella sala dedicata alla Maesta’ e capisco cosa Mariella aveva voluto dirci: nel ‘300 ce n’erano 2 di fenomeni tirati su alla scuola di Cimabue: Giotto affreschista e la sua Cappella (Scrovegni, Padova) e il Duccio con la tavola di pioppo. Lo potevo toccare (non l’ho fatto, per non essere denunciato), vedevo le nervature del legno dove si era persa la pittura, le stesse nervature che LUI aveva visto e poi, chissa’ per quanti anni, piu’ nessuno. Vedevo il basamento del trono con l’invocazione alla Madonna: per se’ e per la sua pericolosa citta’. 

Avevo finito. Le tappe francigene S. Gimignano-Monteriggioni e di lì a Siena le percorrero’ un’altra volta. Stazione, al volo sul treno per Firenze e poi per Lucca a recuperare, sotto la nuova tempesta (non sbagliano, eh…), l’auto, poi… addio Toscana… se Dio vuole ci rivediamo...