martedì 6 agosto 2013

La Via Francigena - da Piacenza a La Spezia

“Porca... , ho perso una scarpa!”.  Mi dispiace perche’ devo fare senza; perche’ erano di marca;  perche’ e’ stata la prima cosa che ho ereditato da mio figlio nel 2008: scarpe sportive Geox, sobrie, affusolate, bianche con una striscia rossa: perfette. Siamo a Soragna (PR), e’ il 29 luglio 2013,  stiamo affrontando The Road: La Francigena!

Se allo sparuto gruppetto dei lettori dovesse far difetto la memoria, la possono rinfrescare qui: nel luglio 2012 avevo percorso la tratta Arnad-Piacenza. Un anno dopo il mio amico Alex mi propone un’uscita di 3 giorni in bicicletta. “Continuiamo la Via”, dico. Lui accetta.


La Pieve di S. Stefano a Filattiera (MS)
Stessa storia della tratta precedente:  segnaletica a go-go dove serve poco, niente indicazioni dov’e’  indispensabile. Bisogna essere creativi: la direzione e’ quella, andiamo! Se allunghiamo la strada fa lo stesso: un imprevisto e’ la sola speranza, come dice Montale. Se invece, inaspettatamente, si trova, appiccicata a un palo, la banda bianca e rossa con il simbolo del pellegrino, allora si pedala piu’ spediti… Se non c’e’ il vento contrario… come da Soragna a Fidenza: saranno 20 km (compreso il ritorno sui nostri passi per cercare la scarpa), ci abbiamo messo un pomeriggio! Quando, sotto la bufera, ho superato il cartello FIDENZA mi pareva di aver tagliato il traguardo alle Tre Cime di Lavaredo!

Il giorno dopo ci aspettava la Cisa, per entrambi la salita della vita, cosi’ non ci accontentiamo di fermarci in citta’, ma, verso sera, incominciamo a montare i primi scalini dell’Appennino, sino a Costa Mezzana. Il paese e’ piccolo e l’unica novita’ sono i pellegrini della Francigena. Noi  diventiamo subito famosi perche’ conterranei del vecchio sindaco di Tollegno (BI), molto noto da queste parti per via della Festa dell’Asinina (stracotto d’asino con polenta, piatto tradizionale della Festa dell’Assunta), che aveva  adottato  – per qualche anno – nel suo paese.

Quando si prepara qualcosa si pensa: “dovremo tribulare”. Poi nella realta’ ogni cosa e’ molto piu’ dura di quanto ci si figurava. Cosi’ la salita della Cisa: a Ravarano annaspo sui pedali e arrivo zigzagando. Il mio socio deve improvvisarsi infermiere: mi segnala una panchina all’ombra, mi rassicura sulla sindrome cardiaca: ” …muore molta piu’ gente nel letto con le arterie intasate di colesterolo di quanti vengono fulminati sui pedali come il belga della settimana scorsa… Questo si che e’ parlar chiaro.  Grande il mio camarata, professore di meccanica applicata! Mi regala una dozzina di grosse albicocche, lavate alla fontanella e e servite da gran maitre: la roba piu’ buona, mineralizzante, ricca di zuccheri a rapida assimilazione che si puo’ immaginare. Nonostante questo, anche se le gambe erano tornate a ubbidire al cervello e la strada non era piu’ cosi’ – implacabilmente – in salita, in cuor mio pensavo che, per quel giorno, arrivare a Berceto (ultimo paese del versante parmense) sarebbe stato un gran bel risultato. Ma il Prof aveva ben altri progetti.

Un chinotto qui, ancora qualche albicocca là, una manata sulle spalle e qualche piccola bugia sulla pendenza e sulla lunghezza della strada (lui la faceva in avanti, poi tornava indietro e, quando mi incontrava, mi relazionava) e ci troviamo al Colle dove l’Emilia diventa Toscana, nella patria ombrosa del fungo porcino: la Cisa.  Da Costamezzana, 67 km. L’ennesima bibita poi la discesa, per lui spericolata (fino a 58 km/h) per me “frenata”, fino a farmi male alle mani, sino a Pontremoli (MS).

La sera, in trattoria, nel centro storico, mi sbrano – senza pensarci un istante – 2 piatti di principesche tagliatelle e un birrone. Alex che mangia pochissimo, beve solo acqua gaseuse, e non dorme - perche’ io russo come un cinghiale inferocito (parole sue) -, sta alcuni minuti – delusissimo – davanti al menu che non presenta traccia di bovino, né di pesce. Alla fine deve arrendersi: coniglio alla cacciatora, sbocconcellato senza entusiasmo.

L’ultimo giorno arriviamo alle porte di La Spezia ma, per un cervellotico disegno di rientro, alla fine pieghiamo a sinistra, saliamo il duro colle di Vezzano Ligure (pero' c'erano gli olivi e si vedeva il mare...), ci catapultiamo in una vertiginosa discesa e, con largo anticipo, ci presentiamo alla stazione per scoprire che nessun treno diretto a nord e’ attrezzato per le biciclette e nessun bar ci avrebbe servito un caffe’: avevano tolto, per un paio d’ore, la corrente elettrica. Eugenio (Montale), quanto sei geniale!

Nonostante tutto, grazie al buon cuore di un capo treno e alla nostra faccia di palta, a sera Alex era a Milano, io a Pollone, a massaggiarci le membra, a spalmarci di doposole e a raccontare.

km percorsi 237, dislivello superato poco piu' di 1.900 m.
Amici, a Roma… manca poco!