giovedì 25 dicembre 2014

Natale 2014 - Per cosa siamo qui?

Riccione 1976 -  Don Giussani

Possiamo entrare benissimo in tutte le cooperative del mondo, possiamo entrare in tutte le associazioni del mondo e dare il nostro contributo al bene comune attraverso di esse, ma il cristianesimo non e’  un’associazione di questo genere…
Noi non siamo qui per questo, il nostro scopo di cristiani non e’ questo.  Allora,   per che cosa siamo qui?

...stavamo camminando lungo una strada, abbiamo sentito uno, un ideologo che parlava, ma era piu' che un ideologo, perche' era un tipo serio, si chiamava Giovanni Battista. Siamo stati lì ad ascoltarlo. Uno che era lì con noi ha fatto per andarsene e abbiamo visto Giovanni Battista che si e' fermato a guardare quello lì che andava via e a un certo punto si e' messo a gridare : " Ecco l'Agnello di Dio". Gia', un profeta parla in modo strano. Ma noi due, che eravamo lì per la prima volta, venivamo dalla campagna, da lontano, ci siamo staccati dal gruppo e ci siamo messi alle calcagna di quell'uomo, cosi', per una curiosita' che non era curiosita', per un interesse strano, chissa' chi ce l'ha messo dentro, e lui si e' voltato a un certo punto e ci ha detto: "Cosa volete?", e noi: "Dove stai di casa?", e lui: "Venite a vedere"...

Bill Congdon -  Nativita'  La roccia splendente
fino al 31 gennaio 2015 Milano, Chiesa San Raffaele (via S Raffaele 4)
Noi siamo nel mondo per gridare a tutti gli uomini: Guardate che e' tra di noi una presenza strana; tra di noi, qui, ora, c'e' una presenza strana; il Mistero che fa le stelle, che fa il mare, che fa tutte le cose, che va infinitamente al di la' di ogni orizzonte che noi possiamo raggiungere, questo Mistero e' diventato un uomo, e' nato dal ventre di una donna, un bambino, a Betlemme; e poi e' cresciuto, ed era un bambino; poi e' cresciuto, ed era gia' un adolescente...

La conseguenza del guardare Lui, del guardarlo parlare, del sentirlo, del dire a tutti: E' qui, e' qui tra noi, il Dio fatto uomo, la conseguenza contingente per chi dice cosi' e' che vive meglio - meglio -; non risolve, ma vive meglio anche i problemi della sua umanita': vuol piu' bene alla sua donna, sa come voler piu' bene ai figli, vuol piu' bene a se stesso, ama gli amici piu' degli altri... soccorre il bisogno degli altri come puo', come se fosse il suo bisogno, guarda il tempo con speranza e percio' cammina con energia...

Che - nel 2015 - possiamo sempre riconoscere quella strana presenza.

lunedì 18 agosto 2014

Lettera a messer Duccio da Boninsegna, nato a Siena 11 ottobre 1254



Caro Duccio, possiamo darci del “tu”? Mi conosci poco ma, quando avrai finito di leggere questa lettera, potremo considerarci buoni amici, poi nel XXI secolo ci si tratta piu’ familiarmente (a volte troppo) che non a cavallo tra il duecento e il trecento.

Come sai, circa un mese fa, sono venuto a Siena a vedere il tuo capolavoro (se ti e’ passato di mente leggi sotto). Ricorderai che ero molto emozionato, ma volevo presentare la Tua mostra meglio possibile, quindi vederTi di persona l’ho considerato necessario.

Una dei dettagli che piu’ mi ha colpito e’ stata la tua dedica alla Madonna. Quella che, un po’ sfacciatamente, hai voluto scrivere sul gradino del trono. Te la ricordi?  Sono passati piu’ di settecento anni… MATER SANCTA DEI / SIS CAUSA SENIS REQUIEI / SIS DUCIO VITA / TÈ QUIA PINXIT ITA (Santa Madre di Dio, sii motivo di pace per Siena, sii per Duccio vita che qui Ti ha dipinta) 

L’hai dipinta splendidamente e Le hai chiesto la vita eterna! Ero rimasto che i tuoi colleghi iconografi russi non firmavano le loro opere perche’ dicevano – piu’ modestamente di Te – che imprestavano la mano a Dio. Tu no, da toscanaccio viveur, quella ascetica modestia ti era sconosciuta.

Non si sa bene quando sei nato. Si dice attorno al 1255. Facciamo cosi’, mettiamo una data possibile: l’11 ottobre 1254. Esattamente sette secoli dopo nascevo io. Tu grande maestro di pittura, io non so fare l’O con il bicchiere. Tu grande spendaccione: quando sei morto, 8 anni dopo aver dipinto la Maesta’ e aver guadagnato 3.000 fiorini (una cifra iperbolica), i tuoi figli hanno rinunciato all’eredita’: ci avevi dato dentro con le spese, vecchio gaudentone? Io sono tirchio di famiglia. Tu notissimo nei tuoi paraggi: il 9 giugno 1311, il giorno che hai finito l’opera, tutta Siena si e’ fermata e, dai grandi notabili fino all’ultimo straccione, hanno accompagnato il carro che trasportava la Divina Bellezza, dal tuo laboratorio al Duomo. Forse sei stato portato in trionfo e, comunque, sarai stato invidiato da tutti. Io modesto agronomo di montagna, sconosciuto anche ai piu’ vicini. 

Pero’, a pensarci bene, non siamo cosi’ diversi. Non hai avuto modo di conoscere Leopardi. E’ nato nelle Marche nel 1798 e morto ancora giovane.  Si chiamava Giacomo… Taldegardo Francesco di Sales Saverio Pietro... Era nobile (con un nome così...), faceva il poeta e, come Te, era un grande artista. Una delle sue liriche piu’ belle si intitola: Canto notturno di un pastore errante dell’Asia. Parla di questo pastore che si pone le domande di tutti e le fa alle sue pecore e alla luna:

 …con la mia greggia Seguirmi viaggiando a mano a mano; E quando miro in ciel arder le stelle; Dico tra me pensando: A che tante facelle? Che fa l’aria infinita, e quel profondo Infinito Seren? Che vuol dire questa Solitudine Immensa? Ed io che sono?

Dimmi: perche’ giacendo A bell’agio, ozioso, S’appaga ogni animale; Me, s’io giaccio in riposo, il tedio assale? Forse s’avess’io l’ale Da volar su le nubi, E noverar le stelle ad una ad una, O come il tuono errar di giogo in giogo, Piu’ felice sarei, dolce mia greggia, Piu’ felice sarei candida luna?

Oh, lo sai che nel 20mo secolo hanno inventato delle macchine che volano?  E non solo sopra la terra – quella ormai e’ una roba normale - ma 2  uomini, nel 1969, hanno fatto una passeggiata sulla Luna… S U L L A  L U N A… e certe macchinette – senza autista - vanno oggi in giro per Marte e mandano fotografie (come un quadro, piatte ma molto aderenti alla realta’ e le sanno fare anche i bambini, basta schisciare un bottone!) e scavano per terra e analizzano le rocce e spediscono i dati sulla Terra… Una roba che Tu, medioevale artigiano, non puoi neanche immaginare. 

Comunque, per dare una risposta al pastore, che si chiedeva se sarebbe stato piu’ felice se avesse potuto volare, ora e’ sicuro al 100%: NO! Sempre uguale, come prima. GIURO! E si pensa che se uno riuscisse a sdraiarsi sulla coda di una cometa, S U L L A  C O D A  D I  U N A  C O M E T A… capito? Sarebbe uguale: stesso tedio di quell’analfabeta, ma non scemo, pecoraio asiatico!

E allora? Allora avevi ragione TU, medioevale gaudente, spendaccione e magari neanche troppo onesto, che tutti potevano venire a controllare se dipingevi o ti trastullavi, visto che ti pagavano “a giorno”. Bisogna “alzare lo sguardo” a quella Signora che hai cosi’ bene dipinto che ci meravigliamo anche oggi. Oggi che possiamo “volar su le nubi, e noverar le stelle ad una ad una…”. Alzare lo sguardo e smettere di guardarci l’ombelico e sapere che la risposta c’e’, al tedio, all’animo inquieto, alla paura del nulla o alla paura reale di restare senza amici o senza lavoro o, peggio, di venir deportati nel Gulag o, peggio ancora, di venir massacrati da una banda di assassini, come capita in questi giorni nel nord dell’Iraq (è un posto nell’Asia dove, forse, andava a pascolare il pastore che ha immaginato il Giacomo). La risposta passa da quella Signora sul trono, con il Bambino serio in braccio e gli Angeli e i Santi estasiati. Passa di lì. 

Fammi un favore, visto che adesso ci conosciamo, dille una buona parola per me: nome Costante, cognome Giacobbe, nato a Biella (Italy) l’11 ottobre 1954, codice fiscale gcbctn54r11a859n, alias Kostik, visto che la Maesta’ non saro’ mai capace di dipingerla e non avro’ la possibilita’ di raccomandarmi sullo scalino come hai fatto Tu (che non conosci riservatezza).
Grazie. Stai bene.
Tuo.
k

martedì 15 luglio 2014

La Divina Bellezza e l’asu ‘d Cavour, ovvero “Francigena 3”

      In un piemontese che non era il suo, mia nonna – classe 1900 -, quando la provocavo, sibilava: i asu ‘d Cavour… i asu ‘d Cavour (gli asini di Cavour), e lasciava in sospeso. Ero piccolo ma capivo cosa voleva dire.

Lunedi’ scorso  telefona la nostra amica C e scompagina i programmi: “…stasera evento! Via skype ci sara’ una lezione della Mariella Carlotti sulla Maesta’ di Duccio di Buoninsegna!” Chissa’ che roba e’… Non sono di sicuro un gran esperto, ma il titolo mi intrigava, quindi ho aderito subito. 

La lezione e’ stata una scoperta travolgente: gli iconoclasti, Cimabue, Giotto, Siena contro Firenze, il ‘300, la Civitas Virginis, la forma della Piazza e della Torre… Alla fine ero diverso da prima, non so, piu’ amico della realta’, piu’ consapevole della grande storia e delle opere prodotte dal popolo cristiano…

La lezione era stata comunicativa ed esperta, fatta alla buona da questa nostra amica, intanto che cucinava per i suoi ospiti, per farci un favore, in totale familiarita’. Ci raccontava cose stupende ma… come piffero e’ fatta sta “Maestà”…? Per fortuna c’e’ internet: come si faceva prima? 



Guardo e riguardo le immortali immagini e alla fine prendo una capitale decisione: 2 giorni di ferie piu’ sabato e domenica, la bici lungo la Francigena e vado a vedere il Duccio… dal vivo! Innamorato a prima vista del Buoninsegna e dal popolo che l’aveva cresciuto, per la terza volta sulla Francigena, ero veramente orgoglioso di me e volevo dirlo a tutti… I asu ‘d Cavour, sai laudu nen i autri, as laudu da lur (se non li lodano gli altri lo fanno da soli)

Martedì e mercoledì a lavorare come matto per portarmi in pari, l’ultimo giorno fino a mezzanotte. Giovedi’ mattina non avevo preparato nulla. Giu’ dalla branda alle 5,15. Cambi di vestiti (uno per pedalare, uno civile), un sacchetto della farmacia come beauty case, le sacche della bici ben compaginate, un’occhiata al sito trenitalia tanto per capire che il viaggio “ciclo al seguito” mi avrebbe fatto consumare troppo tempo, quindi auto… sino a Lucca. Qualche minuto prima di mezzogiorno ero li’. Perfetto. Salvo una cosa: il tempo…

Luglio dimmerda questo del 2014. Mi lascia attraversare la citta’, da porta a porta, poi devo infilarmi in un bar e mettere al coperto la bici: nubifragio n° 1. Tira e molla tutto il pomeriggio: parto quando spiove, riprende, cerco riparo, eccetera. Cosi’ 3 o 4 volte.

Ma la strada e’ ben segnata, il fondo d’asfalto, poco traffico e intanto era tornato il sole. Così non fatico ad arrivare a S. Miniato (basso): 53 km e un albergo per la notte con un buon ristorante nei pressi. Attacco bottone con i locali, tanto da capire che il giorno dopo la musica cambiera’, anche solo per arrivare in centro: 3,5 km di salita e non per cosi’ dire…

Venerdi’ mattina. Sole. Morale alle stelle. Si fa la salita e si pregusta la discesa che… non c’e’. Per la verita’ c’e’ ma e’ ripidissima e breve e termina con una nuova dura salita. Ad un certo punto una brusca deviazione sulla destra e una strada bianca cavalca le colline. Si vede che corre là, lontano. “L’he perfetta, l’he tutta ‘nghiaiata”, mi dice un agricoltore, cosi’ mi inerpico. In effetti le prime centinaia di metri erano domestiche (si veda la foto), ma dopo...



Nel seno della Val d’Elsa, attorno non un’anima, paesaggi mozzafiato, prati di medica, boschi, oliveti, vigneti, comparivano anche i cipressi, insomma… Toscana, Toscana vera! Come la ribollita, i cantuccini e la Venere nuda degli Uffizi. Discese ardite, dove faticavo a non ribaltarmi in avanti e risalite spericolate a spingere a piedi la Caprice (Bressan - Biciclette Speciali, non mao mao, micio micio) con sacche piene. Mi credete se dico che quel giorno sono sceso e risalito di sella 150 volte?

Collassatissimo arrivo al salitone che porta a Gambassi Terme. Saranno state le 13.30. Non mollo e mi presento in osteria a reclamare un piatto di affettati e altre goloserie fredde, ben deciso – nel pomeriggio – a non staccarmi dalla strada asfaltata e coprire, con il minimo dei danni, i 15 km che mi tenevano lontano da S. Gimignano. 

La bella ostessa pero’ mi provoca dicendo che la strada bianca e’ piu’ corta, infinitamente piu’ romantica, sicuramente piu’ adatta a un vero pellegrino… Non avendo mai saputo dire di no alle fanciulle, mi faccio ricatturare dall’umida e boscosa Elsa che mi prosciuga le residue forze. Getto la spugna a 5 km da S. Gimignano dove trovo un hotel… di qualita’.



Mi riposo prima e dopo cena, guardo svariate volte il meteo perche’ non voglio credere che il pomeriggio di sabato ci saranno nuovi nubifragi. Eppure e’ cosi’.  Dormo come un angelo. Sabato mattina un gran sole copre l’insidia del pomeriggio. Riparto di nuovo su e giu’ per colline. Arrivo fresco a S. Gimignano ma so due cose: mia moglie non gradirebbe vedermi arrivare domenica sera e non voglio ciapare un secondo nubifragio. Cosi’ piglio una decisione poco sportiva ma utile alla mia salute: vado a Siena… in pullman…

Ero partito per pedalare e ammirare la Divina Bellezza. La prima cosa era fatta, le gambe un poco doloranti lo testimoniavano, la seconda restava da fare. Sempre spingendo la bicicletta – stavolta non per la durezza del percorso ma per l’abbondanza di distratti turisti – lego con due lucchetti la bici a una robusta catena tesa tra 2 artistici paracarri in Piazza Duomo e mi procuro il biglietto:  € 7, ben spesi. 

Trattenendo il fiato entro nella sala dedicata alla Maesta’ e capisco cosa Mariella aveva voluto dirci: nel ‘300 ce n’erano 2 di fenomeni tirati su alla scuola di Cimabue: Giotto affreschista e la sua Cappella (Scrovegni, Padova) e il Duccio con la tavola di pioppo. Lo potevo toccare (non l’ho fatto, per non essere denunciato), vedevo le nervature del legno dove si era persa la pittura, le stesse nervature che LUI aveva visto e poi, chissa’ per quanti anni, piu’ nessuno. Vedevo il basamento del trono con l’invocazione alla Madonna: per se’ e per la sua pericolosa citta’. 

Avevo finito. Le tappe francigene S. Gimignano-Monteriggioni e di lì a Siena le percorrero’ un’altra volta. Stazione, al volo sul treno per Firenze e poi per Lucca a recuperare, sotto la nuova tempesta (non sbagliano, eh…), l’auto, poi… addio Toscana… se Dio vuole ci rivediamo...

domenica 18 maggio 2014

Pratibei fienagione

Pratibei e' la nostra cascina a Pollone, vicino a Biella, in Piemonte al confine con la Valle d'Aosta. Non l'abbiamo battezzata noi cosi', il nome e' molto antico. Sono circa 12 ettari di prato. Su questi ogni anno facciamo 3 tagli: fèn, riorda, tarsola, che in italiano si dicono: maggengo, agostano e terzuolo.


Si taglia quasi in tutti i prati con una falciatrice rotante mossa dal trattore, ma, in certi appezzamenti, bisogna operare con la motofalce, come in questo caso dove il Teo taglia nel prato chiamato Canonich.



L'immagine dovrebbe far capire dove si puo' usare la rotante e dove, invece, bisogna avere la pazienza di tagliare l'erba con la barra falciante (cliccate sulla foto per ingrandirla).



I prati lontani ricevono meno letame, sono poveri di specie foraggere ma ricchissimi di fiori spettacolari, almeno nel primo taglio.



Gli iconografi russi non firmavano le loro opere perche', dicevano, prestavano la mano a Dio. Annamaria fa la stessa cosa con Pratibei: un piccolo capolavoro non firmato.

domenica 4 maggio 2014

L'Acqua nera

Amo i Navigli lombardi, l'ho gia' scritto e ribadito. Ci vado spesso. Anche ieri.
  
Il mio amico Moe (per la verita' si chiama Andrea) lavora a Milano e ha una collega di Boffalora. Parlando del piu' e del meno, questa signora, gli racconta della devozione delle genti locali alla "Madonna dell'acqua nera". Lui, conoscendo la mia predilezione per il Milanese, mi mette al corrente. Caspita... dell'acqua nera...? Si poteva resistere? Mi metto in bici dal Sesia e, per strade straconosciute, entro nel Naviglio Grande a Turbigo. 

Prima sorpresa. Mi fermo per guardare l'acqua, fare qualche messaggio e bere. Seduto nei pressi c'era un pescatore. In questi anni ne ho incontrati mille: mai vista una cattura. Tanto che, stare con la canna in mano, pensavo fosse una scusa per la moglie. Questo invece ciappa qualcosa di grosso. L'aiuto con il retino e portiamo a riva un gran barbo. L'amico lo slama e lo rilascia. Ci mettiamo a parlare di pighi, cavedani e barbi, di corrente forte che lo fa tribulare: un tipo simpatico. Lo saluto e riparto. Non avevo fatto 20 metri che sento un urlo e un fischio. Mi volto. Era ancora lui impegnato a recuperare di nuovo! Tira fuori un'altro barbo: mi aveva richiamato un po' per dimostrarmi che era in gamba (sicuramente lo era), un po' per farmi sentire che i baffi del barbo non pungono (anche questo è vero). 

Boffalora. Gelato vicino ai portici poi chiedo indicazioni alla gelataia: verso il Ticino, continuare sulla via non asfaltata che parte all'altezza di una curva a sinistra, un km circa... L'aveva fatta un po' troppo facile e, soprattutto, aveva dimenticato un particolare non irrilevante: la chiesa e' dentro una grossa cascina dove c'e' anche un ristorante.
Madonna dell'acqua nera - Boffalora sopra Ticino (MI)

Dopo qualche mini difficolta' ci arrivo. La chiesetta/santuario e' stata costruita nei primi dell'800 per ricordare un evento prodigioso. Un carro: uomini, cavalli e carico, per il cedimento di un ponte, cade nel fiume e, per intercessione di Maria, nessuna perdita! 50 o 60 anni dopo (1868) la chiesetta diventa baluardo insormontabile per una grandiosa piena, come se la Madonna avesso posto la sua mano. La storia e la posizione sono belle, oggi, forse, il Ticino ha allontanato il suo corso, tanto che non si vede e non si sente. La chiesa era aperta e frequentata. Al sabato pomeriggio (16.30) c'e' la Messa. 

Come funzioni il ristorante della cascina non so. Erano le tre e mezza, poi i ciclisti - se vogliono continuare a pedalare nel pomeriggio - devono tenersi leggeri...

Ritorno da Magenta in treno. Potere al pedale!


giovedì 24 aprile 2014

Santa Pasqua 2014



Христос воскрес! Воистину воскрес!

Gaudenzio Ferrari
Valsesia 1478 - Milano 1546



Cristo e’ risorto! E’ davvero risorto!

Annamaria, Costante, Valeria, Matteo, Yulia e Zlata

mercoledì 19 marzo 2014

Basta la salute? 3


Venerdi' 13 marzo ad Andorno c'e' stato un incontro pubblico sulla proposta di un imprenditore di trasformare un vecchio stabilimento tessile (Tessiana) in industria per produrre energia dal legno. L'incontro e' avvenuto all'aperto, in un parco pubblico. Sono stato tra i relatori in quanto portavoce del Gruppo che cerca di dar vita a un Consorzio forestale. Sono intervenuto 2 volte per il Consorzio forestale  e uno a titolo personale. Ho tentato di dire che non si poteva esasperare il problema dal solo punto di vista della salute (cosi', a parer mio, era stato), ma occorreva tener conto di tutti i fattori in gioco. Posso dire di non aver incontrato il consenso del pubblico, comunque... non mi hanno picchiato... Il giorno dopo ho raccolto le idee e ho prodotto questo giudizio che ho mandato ad alcuni amici... leggi tutto


venerdì 7 marzo 2014

La bici dell'ingegnere



Carissimi ingegneri,
la  mia bicicletta ha superato – non indenne – i 10.000 km e penso sostituirla. Devo fare nuove ciclo-esperienze. Una sera parlavo con Michele di pedalate e sono venuto a sapere che, non solo va in bici, ma che e’ un vero appassionato di ciclismo e ha (ri)fatto alcune tappe del Tour e del Giro.  Inoltre ha una bicicletta da corsa in carbonio.

Ho osato chiederla in prestito e la cosa ha trovato la sua commovente disponibilita’.  

Domenica 2 marzo 2014 – dopo un po’ di questioni durate quasi una settimana (non riuscivo a svitare un pedale!) – sono partito nei pressi di una chiesetta semi abbandonata tra Ghemme e Carpignano (NO). L’idea era di raggiungere Oleggio e visitare l’importante chiesa romanica cimiteriale: S. Michele (anche nella pia memoria del proprietario del mezzo).

Non ho cambiato l’assetto della bici confidando nel fatto che il proprietario e’ alto e “grosso” (senza offesa) all’incirca come me.

Ho preso direzione Carpignano, in lievissima discesa, non ho allacciato i pedali, avevo ben altri problemi da risolvere: primo, sopravvivere. Dopo 500 m mi accorgo, con raccapriccio, che il cambio – che nel frattempo avevo volgarmente utilizzato – non rispondeva piu’ ai comandi: tutto bloccato. Mi fermo e cerco di capire l’arcano: ero stato rozzo, ma non certo brutale come gli orsi della British Columbia (diro’ un'altra volta di questi animali).  Da fermo provo, ritento, ma non c’era niente da fare: tutto immobile. 

A quel punto ho messo da parte tutta l’esperienza e la supponenza dei 10.000 km percorsi in sella. Ho fermato un ciclista corsaiolo con passamontagna e coprigola siberiano (potevano esserci + 10 °C, lui era vestito come se ce ne fossero stati 20 di meno). Con evidente imbarazzo gli ho spiegato il problema. Lui (bonta sua) non mi riso in faccia ma, sinteticamente, mi spiegato la pratica e mi ha congedato invitandomi ad esperire: senza paura! (parole sue). Cosi’ – orgogliosamente – ho fatto. 

Chi mi ha visto attraversare Carpignano, disseminato di paioli di fagioli (era domenica di Carnevale), deve aver pensato che ero un incontinente in ciclo-terapia. Il passante, comunque, non poteva sapere che vengo da Pollone, sono alpino, attraverso la Death Valley a mezzogiorno con + 50 °C e... il riscaldamento acceso! 

A Castellazzo Novarese, gia’ quasi padrone del mezzo, mi fermo a fotografare la chiesa di architettura quasi cubista:  dovevo inviare la foto ad una mia conoscente, sostenitrice del parroco nella sua veste di esperto di nutrizione kusminiana (voglio essere riservato, i gentiluomini non parlano mai delle signore: l’amica e’… l’AA, don Pina). 

Piu’ avanti, entro la cornice di una splendida mattinata di inizio primavera, la pedalata va in crescendo sino a diventare armoniosa e possente come una “Cavalcata delle Valchirie”. Cliccate qui per le suggestioni: http://www.youtube.com/watch?v=-lxlQITXBAQ

Nel prosieguo mi rendo conto che la bicicletta ha scorrevolezza pari alla scioglievolezza del cioccolato svizzero, mi permetto persino spingere 30 pedalate e fermarmi per vedere quanto mi porta avanti senza sforzo. Il mezzo e’ decisamente rigido, quando supero i dossi trasversali e mi alzo sui pedali, lo stretto manubrio da corsa “mi scappa”. Al mattino non riscontro difficolta’ nella posizione e nell’affrontare curve. Ad onor del vero la mia proverbiale prudenza non mi permetteva grandi velocita’, almeno in curva. Il computerino di bordo aveva le pile scariche quindi – con un certo dispiacere – non ho potuto controllare la velocita’ di crociera: in certi momenti mi pareva davvero buona.

Quasi senza fatica arrivo a Bellinzago e poi a Oleggio (diciamo intorno alla una): non solo era aperto il cimitero ma anche la Chiesa! Aperta e frequentata da persone!  Anche una “orientale” con macchina fotografica. Fotografo con telefono  e lascio una supplica sul libro dei fedeli (mia figlia avrebbe iniziato il suo nuovo lavoro il lunedì e dovevo pur implorare a favore del padrone del mezzo). Il gioiello romanico è questo:

S. Michele al Camposanto - Oleggio (NO)

Preghe’ va ben ma venta fina pedale’. Così, bando alle ciance, riprendo per le colline (Mezzomerico, Suno, Cavaglio d’Agogna). Il groppone iniziava a cedere, alcune salitelle mettevano a dura prova le mie residue forze e il cambio: la scarsa pratica doveva essere supportata da tentativi diversi di avere la giusta posizione prima di averne davvero necessita’… Il sellino era perfetto (di conseguenza il fondoschiena) ma gli zuccheri nel sangue diminuivano: era indispensabile una sosta gelato. 

Da un po’ di tempo a questa parte ho, per le gelaterie, una fortuna sfacciata. Mi fermo a Suno “Le Meraviglie di Alice”: gelato spettacolo e wifi. Piu’ tardi  trovo conferma della qualita’ del locale anche su Tripadvisor. Cari ingegneri, se siete appassionati di cremosi sorbetti, Suno, vale una gita.

Mancava poco per tornare a Ghemme ma – ricordavo bene – bisogna scavalcare una collina. Sara’ il gelato (accompagnato da latte macchiato), sara’ la qualita’ del ciclo, sara’ la nevrilita’ dell’atleta, o la caffeina del “macchiato”, sta di fatto che quasi non mi accorgo. Arrivo all’auto con la schiena a pezzi ma decisamente meno di quanto avessi messo in conto e quasi niente rispetto a quando mia moglie e mio figlio mi fanno squartare tronchi. Fatti 63 km (calcolati 2 volte con Google Maps). Fatto grosso passo avanti nella tecnica e nella meccanica ciclistica. Sabato, a Dio, al meteo e a Michele piacendo, mi aspettano nuove avventure…
Vostro.
K

lunedì 27 gennaio 2014

Riscatto antropologico: Generale Kutuzov




“…a tutto prestera’ ascolto, di tutto si ricordera’, tutto collochera’ al posto giusto, a nulla di utile fara’ ostacolo, e a nulla di dannoso dara’ il passo”.

Pensiero del Principe Andrej dopo il colloquio con il generale Kutuzov, appena nominato Capo di stato maggiore delle truppe russe durante l’invasione francese del 1812.
L.N. Tolstoj “Guerra e pace” (libro terzo, parte seconda, capitolo XVI)

mercoledì 1 gennaio 2014

Ne uccide più il borghesismo del kalašnikov


Sono grato per l'immenso lavoro (1380 pagine) ad Alberto Savorana che sara' a Biella, per presentare il libro, il 10 aprile 2014. Don Carròn ha deciso che questo e' - per chi aderisce a CL - il "libro dell'anno". Ho iniziato a leggere, sono circa a pagina 750, e spesso penso che questo e' il... "libro della vita". Se mi mandassero a fare il guardiano del faro in un'isola di 20 ettari e potessi portare un solo libro, porterei questo. Guardate come sfida la cultura dominante in materia di... benessere (wellness).

A. Savorana - Vita di Don Giussani – Rizzoli Milano 2013 (pag. 124)


«La vita spesso – per non dire solitamente – ci preclude le situazioni migliori:  certo per non farci dimenticare che una sola è “la situazione migliore” (status optimus): - per non farci desistere dal tendere e dall’aspirare, che è la carica dinamica della vita. 

Valle Cervo - Oriomosso (BI)
Quando uno raggiunge la situazione comoda, soddisfatta; quando uno riesce a “mettersi a posto” nel 99 per cento dei casi improvvisamente s’ingrettisce, si circoscrive. Magari gente viva, fervida, altruista si limita e si chiude. Precisamente questo è il “male” di questo mondo: il bene, la soddisfazione invece di ingigantire e moltiplicare la tensione dell’animo – la tacitano, l’illanguidiscono -. 

Il bene , la soddisfazione raggiunta spesso, invece di completare l’uomo, lo disintegrano, lo svuotano: perche’ l’uomo è tanto piu’ tale, quanto piu’ tende, agisce, si effonde, si dona: si sacrifica». 

Lascio questi giudizi come auguri per un 2014 di rivincita nei confronti della cultura dominante, cultura di nichilismo e di borghesismo.