martedì 25 dicembre 2018

S. Natale 2018 - La drammaticità


Dal punto di vista teorico il Cristianesimo non è una roba difficile. Viene un bimbo piccolissimo, il figlio di Dio, quello che ha fatto tutte le cose, quelle visibili e quelle invisibili,  e ci invita a passare dall’autosufficienza alla dipendenza. Dalla affermazione di sé, alla dipendenza da un Altro. A superare la frattura tra le proprie misere angustie e aprirsi alla Realtà tutta intera: non continuare a misurare la propria stanza ma “spalancare la finestra”.


Santuario Madonna di Campra - Graglia (BI) 


La drammaticità è esistenziale. Se c’è un ferro che piega a destra e lo vogliamo raddrizzare, lo si surriscalda e lo si batte, fino a dargli la forma che vogliamo. Invece, se un giunco verde è stato piegato in un certo modo, ed è rimasto così per un anno o dieci, occorre fare una fatica tremenda per dargli un’altra forma. Noi “umani” siamo giunco e non metallo. I Santi e l’uomo distratto (o dimentico) vivono la stessa drammaticità esistenziale. Di aiuto c’è la Grazia e l’ascesi che si scoprono nella Chiesa: Mater et magistra.

mercoledì 12 dicembre 2018

G.K.Chesterton: «Così abbiamo tradito il Natale»

da “Illustrated London News”, 23 dicembre 1933


Gli uomini d’oggi pensano che quando la festa è arrivata sia già finita. Nel mondo commerciale odierno le preparazioni per il Natale sono infinite mentre la festa dura il tempo di un lampo. Il che contrasta nettamente con le usanze antiche, ai tempi in cui la festa era sacra per la gente semplice, quando ci si preparava con austerità all’Avvento e si digiunava alla vigilia. Poi però esplodeva una festa continua e gioiosa che durava dodici giorni e che culminava in quella bizzarria che Shakespeare definì "La dodicesima notte, o quel che volete". Come nei Saturnali, che terminavano in una baraonda dove tutti facevano quello che volevano. Quei dodici giorni dal Natale all’Epifania sono stati resi poeticamente con tanta bellezza da William Shakespeare. Una poesia del tutto assente nelle pubblicazioni giornalistiche dei nostri giorni sulla preparazione del Natale. Sarebbe vano nascondere i miei gusti reazionari, che propendono per quelle antiche usanze. Suggerisco addirittura che ognuno si goda il Natale quando arriva, invece di essere bombardato dagli annunci che sta arrivando. Penso persino che sia meglio che il monello si ammali per aver mangiato troppo pudding di Natale invece di diventare un piccolo nichilista e pessimista a furia di vedere le foto della torta natalizia nelle riviste o nei tabelloni pubblicitari mesi prima di poterlo gustare. In ogni caso, solo mangiandolo si potrà dimostrare che quel dolce natalizio è buono. Ed è un simbolo che andrebbe tenuto a mente e che troppa gente oggi ha dimenticato: bisogna gustare le prelibatezze quando vengono consumate…

domenica 2 dicembre 2018

Paradoxa

In un certo senso il cristianesimo suscita, piuttosto che risolvere, il problema della sofferenza, perché essa non sarebbe un problema se, insieme alla nostra esperienza giornaliera di questo mondo di sofferenza, non avessimo acquistato quella che crediamo una ragionevole fiducia che la realtà, in ultima analisi sia giusta e buona.

 C.S. Lewis, Il problema della sofferenza


Rimella Val Sesia (VC) Santuario Madonna del Rumore - tra il torrente
Enderwasser e Landwasser (di qui il nome)
La vita come novità, si sperimenta molto più nell’accadimento di qualcosa che si attende che non nella differenza come tale di un presente da un passato. Essa risiede anche culturalmente nella scoperta di una corrispondenza, che è possibile solo se vi è un “prima” di speranza, di desiderio, di attesa, di esigenza. Allora la novità è adempimento di quella speranza, soddisfazione di quel desiderio, risposta a quella attesa. Essa, per il cristiano, non è nel cambiamento come tale, ma nel mutamento che interviene applicando quel principio unitario di inclusività per cui l’intera creazione “è mistero”.

L. Giussani, Perché la Chiesa