sabato 29 marzo 2008

Cosa ci è costato l'Ulivo e l'Unione?


Primavera a Pollone, regione Pratibei, nel Biellese

A ottantadue amici ho mandato questo articolo, con un messaggio: "se avessi le capacita', la cultura, la sensibilita', l'avrei scritto io! Leggetelo, mi ringrazierete..."

L'articolo e' tratto da Tempi (diretto da Luigi Amicone) del 27 marzo 2008

Prodi, Visco, Padoa-Schioppa, D’Alema, Bindi… La compagnia dei curatori fallimentari dell’azienda Italia si prepari a scomparire dalla storia politica di questo paese. O per lo meno dall’orizzonte di chi, su questa sfortunata caravella alla deriva nel Mediterraneo, rappresenta ancora l’ultimo marinaio che rema e resiste alla corrente magrebina, “l’invicibile Lombardo-Veneto” per dirla con Umberto Bossi.

La medaglia d’oro che i posteri appunteranno sulle giacche incartapecorite delle anime morte che in meno di tre lustri hanno eutanasizzato l’economia, la cultura, la società italiana, sarà una bella spilla su cui campeggeranno simboli vegetali. La quercia, l’ulivo, la margherita e, appiccicata per non dimenticare i meriti di Bertinotti, una colombella di pongo della pace. I curatori fallimentari sono la bava parlamentare (l’ultima, si spera) del combinato disposto giudici-collettivo giornalisti che negli anni Novanta rovesciò l’Italia come un calzino al solo scopo di macellare i partiti che, sia pur nel tanto difetto, permisero all’Italia di risorgere dalle ceneri della guerra e campare (e bene) fino ai magnifici anni di Tangentopoli. Anni in cui un poliziotto di cui un giorno non si ricorderà neanche il cognome (e di cui non si è mai capito come abbia fatto a prendere la laurea in tre anni e restituire i prestiti in scatole di scarpe invece che nei normali sportelli bancari) divenne l’eroe di una stagione di valori che stende le sue sporche mani pulite fino ai nostri giorni.

Tutto ciò solo per salvare un compagno G, l’ex-neo-post comunismo al rublo di Mosca, le scalate Telecom, il tesoretto di una coppietta di funzionari Unipol, una pletora di funzionari. E per veder crepare in terra straniera uno dei pochi statisti che l’Italia conobbe, l’Italia delle sempre ricorrenti pulsioni catto-sovietiche.

Ci fu, è vero, tra il 2001 e il 2005, la parentesi di un governo liberale, dopo il primo rovesciato dal regimetto scalfariano. Ma come è noto – sebbene il Cavaliere seguiti ancora oggi ad aggrapparsi all’Osservatorio di Siena per convincersi di aver onorato il “contratto con gli italiani” all’85 per cento – la parentesi del Berlusconi II finì sotto le Torri Gemelle, lo shock economico a seguire, i Casini della coalizione e, a dirla tutta, sotto il fuoco del doppio combinato disposto magistratura-girotondini/sindacato-corporazioni, che sciamò a milionate di cammellati in piazza, scialando i salari dei lavoratori italiani e le royalties dei compagni della nazionale comici&cantanti in adunate oceaniche di pensionati e antagonisti napoletani (e siamo ancora qui a parlare di “massacri polizieschi” al G8, roba da giornalisti della Striscia di Gaza).

Venne poi l’Unione seria e solidale. E come si sa, fu tenebra su tutta la terra. Oggi, primavera dell’Anno Domini 2008 in cui Roma è diventata la capitale di frontiera tra l’Europa e l’Africa, quel che resta delle settima potenza economica mondiale è un fanalino di coda che ticchetta su un’automobile in panne ferma sulla corsia d’emergenza. Un’automobile guidata da ubriachi che hanno travolto le forze produttive del paese e che, dopo aver messo sotto immondizia anche l’oro del sole e del mare di Napoli, hanno pure la faccia di bronzo di presentarsi come il “nuovo”.

Ora, nonostante il tasso alcolico dei conducenti del Pd sia ancora elevato, un bicchierino di buona grappa lo vogliamo lo stesso innalzare al prode Walter e a tutti quelli che, come lui, industriali, giornalisti, banchieri, sono stati volenterosi fiancheggiatori dello sfascismo italiano (che essendo a targa “de sinistra”, non poteva non regalare dividendi e stock option euromilionarie al peggior capitalismo di rapina).

Onore dunque a chi, dal ’94 in avanti, ha sostenuto con figurine Panini, festival, libagioni ed endorsement sui giornali lo splendido boiardo Iri, il cavolino di Bruxelles portato sull’onda degli editoriali di Economist e Financial Times per ben due volte al governo di Roma e per vendere le ultime robe italiane ai poteri forti d’Europa. Un brindisi che non ci viene suggerito dall’imbonitore di destra Silvio Berlusconi, ma dal professore di sinistra Luca Ricolfi. Perciò, onore, prosit e cin cin al fatto che «ancora nel 1995 il reddito pro capite dell’Italia era il 4,7 per cento in più rispetto al livello medio dell’Eurozona, oggi è il 6,2 per cento in meno».

Tempi

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